Niente panico…

niente panico...

Sta proprio succedendo qualcosa di molto strano. – disse Ford.
Folli e lamentosi suoni di pifferi e di violini s’incancrenirono nel vento, frittelle dolci salutarono fuori dalla strada per dieci pence l’una, orribili pesci precipitarono dal cielo, e Arthur e Ford decisero di scappare.
Si buttarono in mezzo a pesanti muri di suono, a montagne di pensiero arcaico, a valli di musica triste, a laghi di scarpe maligne e di pipistrelli stupidi, e d’un tratto sentirono una voce di ragazza.
Sembrava la voce di una persona ragionevole, ma disse solo:

– Due elevato alla potenza di centomila contro uno, in
diminuzione.

Ford scivolò lungo un raggio di luce e girò vorticosamente, cercando di individuare da dove venisse la voce, ma non vide niente che si potesse ritenere realmente verosimile.
– Che voce è questa? – gridò Arthur.
– Non lo so! – urlò Ford. – Non lo so. Sembra un indice di
probabilità.
– Probabilità? Cosa intendi dire?
– Intendo dire probabilità. Per esempio, due probabilità contro una, tre contro una, quattro contro cinque. La voce ha detto due elevato alla potenza di centomila contro uno. Una roba molto improbabile, ti pare?
– Ma cosa significa? – urlò Arthur.
– Non lo so. Non lo so proprio. Penso che siamo su un qualche
tipo di astronave.
– Posso solo dedurre – disse Arthur – che non ci troviamo negli scompartimenti di prima classe.
Nella struttura dello spaziotempo apparvero grandi, orridi rigonfiamenti.
– Aaaaaaaau – disse Arthur, sentendo il proprio corpo ammorbidirsi e piegarsi in insolite direzioni. –  Le mie gambe vanno
alla deriva nel tramonto… anche il braccio sinistro se n’è partito via.
– Ford – disse poi. – Ford, smettila! Stai diventando un pinguino!
Si sentì di nuovo la voce.

– Due elevato alla potenza di settantacinquemila contro uno, in diminuzione.

Ford sculettò furiosamente intorno a un laghetto.
– Ehi, chi siete? – disse. – Dove siete? Cosa sta succedendo? C’è
modo di fermare tutto ciò?

– Calmatevi, prego

– disse la voce, suadente come quella di
un’hostess su un aereo di linea con un’ala sola e due motori di cui uno in fiamme.

Siete in salvo. 

– Due elevato alla potenza di cinquantamila contro uno, in
diminuzione – disse la voce.

– Non credete sia il caso – stridette rauco Ford, con furia
pinguinesca – di dirci qualcosa?

La voce si auto–schiarì. Mentre un gigantesco pasticcino da tè
andava a passeggio goffamente in lontananza, disse:

– Benvenuti
sull’astronave Cuore d’Oro.

La voce continuò:

– Vi prego di non spaventarvi, qualsiasi cosa vediate o sentiate
intorno a voi. È inevitabile che per un po’ risentiate le conseguenze
dell’essere stati salvati da morte certa a un livello d’improbabilità di
due elevato alla potenza di duecentosessantasettemilasettecentonove
contro uno, in diminuzione: ripristineremo la normalità appena
saremo sicuri di cosa sia in ogni caso il normale. Grazie.

La voce tacque.

Ford e Arthur si ritrovarono in una piccola cabina rosa e brillante.
Ford era eccitatissimo.
– Arthur! – gridò. – È fantastico! Siamo stati raccolti da
un’astronave che va a propulsione d’Improbabilità Infinita! È incredibile! Ne avevo già sentito parlare, ma la cosa è sempre stata smentita! Evidentemente invece ce l’hanno fatta! Hanno creato la
Propulsione d’Improbabilità! Arthur, hai sentito, è… Arthur? Che cosa succede?
Arthur spingeva con tutta la forza la porta della cabina, che voleva aprirsi.
– Ford! – disse – qui fuori c’è un’incredibile moltitudine di
scimmie che vogliono parlarci di una sceneggiatura dell’Amleto che
avrebbero appena finito di scrivere!

– Cinque contro uno, in diminuzione… – disse la voce – quattro
contro uno, in diminuzione… tre contro uno… due… uno… fattore di probabilità di uno contro uno…

Siamo alla normalità, ripeto,
abbiamo raggiunto la normalità

– disse la voce e dopo breve pausa continuò:

– D’ora in poi
qualsiasi difficoltà incontriate è reale, quindi è un vostro problema.

Rilassatevi, prego.

p. s.

“Zaphod si girò verso Ford con espressione stravolta.
– Ford – disse – quante capsule di salvataggio ci sono?
– Nessuna – disse Ford.
– Le hai contate? – urlò Zaphod.
– Sì, due volte!”


DOUGLAS ADAMS
tratto da “Guida galattica per gli autostoppisti” e “Ristorante al termine dell’Universo”